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mercoledì 28 dicembre 2011

AURORA cap 2 "serva in casa sua"

Stavo lavando il pavimento del soggiorno inginocchiata per terra, avevo un vecchio vestitino a fiori e un grembiule di cotone blu con pettorina.
Rocsana apri la porta di casa con le sue chiavi, passò per il salone senza neanche guardarmi poi ritornò in dietro fino quasi alla porta un paio di volte, senza fare niente di particolare solo per lasciare le impronte dei suoi stivali sul pavimento che non essendo completamente asciutto si sporcò molto peggio di come era prima che cominciassi a lavarlo, poi andò a sedersi sul divano.
“Vieni a togliermi gli stivali che ho camminato tutta la mattina” Ordinò
Indossava un elegante vestito di Valentino, che mio marito le aveva regalato il giorno prima, mi alzai e andai davanti a colei che ormai è la padrona in casa mia, mi aveva schiavizzato e rubato il marito in poco più di due mesi.
Tese una gamba, mi inginocchiai davanti e le sfilai prima uno stivale poi l’altro.
“Bacia i piedi alla tua padrona, stupida schiava” Mi ordinò in modo brusco.
Obbedii, con devozione le baciai i piedi sudati l’odore acre del sudore mi arrivo al cervello come una sferzata e l’eccitazione salì, avrei voluto continuare a baciarla risalendo le gambe le cosce fino alla vulva ma lei mi fermò.
“Rilava il pavimento sbrigati non vedi che fa schifo”
Raccolse una rivista dal tavolino e cominciò a sfogliarla mentre io mi rimisi al lavoro, dopo circa dieci minuti che sfregavo il pavimento inginocchiata per terra, Rocsana distrattamente mi disse.
“Portami una coca che ho sete.”
Mi rialzai e andai a prenderle la coca nel frigo, aprii la lattina e la versai in un bicchiere misi il bicchiere su di un vassoio e gli e la servii.
Senza dire una parola mi mollò un ceffone forte in pieno viso.
“Quando mi servi qualcosa lo sai che devi avere il grembiule bianco pulito, non questo sudicio e poi voglio il giaccio stupida, non lo sai che voglio il ghiaccio, nella coca.”
Ritornai in cucina mi tolsi il grembiule blu e ne misi uno bianco pulito poi presi i cubetti di ghiaccio dal frigo li misi nel bicchiere della coca e gli e la riportai.
“Adesso rimettiti al lavoro, sbrigati.”  Fu il suo ordine perentorio.
Feci per riprendere il lavoro ma lei mi fermò
“Stupida non con il grembiule bianco, quello lo devi mettere quando mi servi qualcosa, per fregare il pavimento rimettiti quello di prima.
Dopo pochi minuti ancora.
“Voglio una fetta di limone.”
Di nuovo mi rialzai e andai a prendere il limone mi cambiai il grembiule e gli e lo servii su un piattino già tagliato a spicchi, in quel momento rientrò Edoardo mio marito.
“Ah sei arrivato, guarda questa sguattera come ha pulito, il pavimento fa schifo.”
Mio marito mi guardò con aria severa.
“Ti costerà una bella sculacciata, adesso vai a prepararci da mangiare.” Mi ordinò
Mi girai velocemente per andare in cucina, dopo due passi, sentii Rocsana urlare.
“Te ne vai cosi, senza neanche un po’ di rispetto, stupida serva.”
Decisamente era una giornata difficile, tornai sui miei passi andai davanti a loro con lo sguardo basso  piegai la schiena in avanti flettendo una gamba spingendo il sedere all’indietro in un inchino di riverenza rivolto alla mia padrona Rocsana prima e a mio marito poi.
Rocsana, senza dire niente mi fece cenno con la mano di andare.

Si fecero servire il pranzo in soggiorno, io come una brava domestica avevo un grembiule bianco classico abbastanza ampio che arrivava fino sotto il ginocchio, con la pettorina, come mi aveva ordinato la mia padrona, chiacchierarono ridendo per tutto il tempo ignorandomi completamente come se non esistessi, dopo aver servito il caffè mi ordinarono di andare sotto il tavolo, da prima dovetti leccare i piedi alla padrona, passai la lingua con devozione tra gli spazzi delle dita ripulendoli dello sporco poi cominciai a salire le baciai e leccai tutte le gambe fino alla vagina e li mi soffermai ancora con più devozione e passione, andai avanti a colpi di lingua finche Rocsana non mi inondò con i suoi umori che assaporai fino al ultima goccia, la sentivo gemere e agitarsi, poi disse a Edoardo.
“Amore andiamo a scopare che ho voglia di te e del tuo cazzo.”

Sono stati in camera fino dopo le tre, mentre io mi occupavo di riordinare la cucina e lavare i piatti questa volta con il grembiule giallo di gomma che la mia padrona mi aveva regalato qualche giorno prima, avevo appena finito quando mio marito arrivò in cucina.
“Porta un caffè a Rocsana” Mi ordinò.
“Subito padrone.” Le risposi.
Lui si avvicinò e allungò le mani sulle mie tette, ha cominciato a palpeggiarmi poi ci siamo baciati con la lingua è stato un bacio lungo appassionato carico di passione, appena ci siamo staccati ho sentito la voce di Rocsana che urlava.
“Allora serva questo caffè arriva”
“Si padrona arriva subito”
Rocsana, completamente nuda sdraiata sul  nostro letto era uno spettacolo, bellissima con i suoi venticinque anni i capelli biondi lisci lunghi fino sotto le spalle, i seni prorompenti i capezzoli come due chiodi tesi.
Le servii il caffè, avevo ancora il grembiule di gomma giallo con qui avevo lavato i piatti, senza che lei mi disse niente mi misi in ginocchio ai piedi del letto, lei mi guardo con aria trionfante e mi passò la mano su i mie corti capelli di circa mezzo centimetro.
“E quasi ora di tagliare i capelli sguattera.”
“Ma padrona li …”
“Zitta serva, sei troppo vanitosa, la prossima volta ti faccio rapare a zero non deve rimanere più niente”
“No pietà padrona a zero non pietà”
“Adesso basta mi hai stancato ripuliscimi la figa che tra un ora vengono le mie amiche a prendere il tè.”
Con immenso piacere mi sono dedicata ancora una volta a leccarle la fighetta piena del seme di mio marito.

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