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mercoledì 28 dicembre 2011

AURORA CAP 5 "sempre più in basso"

La mia padrona mi aveva fatto mettere una brandina nello sgabuzzino delle scope tra gli stracci, secchi e detersivi, una volta posizionata mi aveva detto.
-Qui ci stari benissimo,  questo è il tuo posto da adesso in poi.
Dalla Romania stava per arrivare era la signora Elviria mamma di Rocsana che si sarebbe sistemata nella camera dove dormivo io da quando Rocsana aveva preso il mio posto nel letto con mio marito.
Per l’occasione la mia padrona mi aveva fatto fare due divise perché davanti a sua mamma dovevo essere solo la serva, una era la classica nera con grembiulino bianco in pizzo di sangallo e crestina, per servire a tavola, l’altra era per i lavori di casa, un camice a righine bianco e azzurro con un grembiule bianco ampio e pesante, avevo accettato anche questo per amore suo e di mio marito, anche se mi coinvolgevano sempre di meno nei loro rapporti sessuali, ormai dovevo limitarmi a guardali mentre scopavano e poi fare la sguattera ripulendoli entrambi dalle secrezioni con la lingua nelle parti intime.
Solo quando era particolarmente su di giri la mia padrona mi permetteva di accarezzarla, sentirla torcersi e contrarsi con le mie carezze mi rende fiera di me, darle godimento anche senza riceverlo mi faceva essere felice, il momento di dolcezza che mi regalava dopo ave goduto, quando mi passa la mono sulla testa, come fa un padrone con il suo cane buono mi ripagava di tutte le volte che era fin troppo dura con me.
Un umiliazione terribile era stata quando in una riunione di condominio per decidere l’impresa che doveva fare le pulizie delle scale, Rocsana aveva detto.
-Inutile spendere soldi per l’impresa, la pulizia delle scale e dell’atrio le può fare gratis Aurora.
Tutti hanno subito aderito alla proposta e da allora due volte a settimana mi toccava lavare le scale, otto piani, ogni tanto qualcuno si lamentava del mio lavoro con  Rocsana e a quel punto lei mi mandava immediatamente a rilavarle per intero, poi quando rientravo in casa mi faceva mettere in ginocchio e cominciava a frustarmi con lo scudiscio sulle natiche finché non diventavano rosso fuoco, nei casi più gravi mi faceva stare dritta con il busto con le mani dietro la nuca e mi frustava le tette.
Erano passati due anni da quando Rocsana era entrata  nella mia vita e iniziò la mia schiavitù, tutto per me era cambiato, anche il mio aspetto fisico non era più lo stesso , niente più trucco, capelli rasati a mazzo centimetro, indossavo sempre i suoi vecchi abiti o camici informi e grembiuloni sempre legati ai fianchi, ed ora anche le divise che sancivano la resa totale, era il capolavoro della mia padrona Rocsana, riuscita anche ad imbruttirmi e rendermi invisibile agli occhi degli uomini.
Mentre lei 27 enne bellissima sempre con aria riposata e rilassata, elegantissima e curatissima aveva tantissimi ammiratori e qualche amante.     
Edoardo, mio marito da sempre era un burattino nelle sue mani, faceva qualsiasi cosa le chiedesse.
Rocsana era anche riuscita a farle assumere con un ruolo importante e un sostanzioso stipendio un suo amante, Antoniu anche lui Rumeno cinquantenne, convincendolo che era suo cugino.
In realtà era un suo amate che spesso veniva anche a casa quando Edoardo era via per lavoro, i due facevano sesso per ore chiusi in camera, poi di solito era lui a chiamarmi.
-Serva baldracca, lavami con la lingua davanti e dietro, sbrigati.
Le prendevo il pene ormai molle, senza imboccarlo lo leccavo per fargli il bidè, solitamente cominciava ad eccitarsi, e allora si distendeva sul letto a pancia in giù e mi ordinava di provvedere al dietro, con la massima devozione senza tralasciare nessuna piega lo leccavo fino in fondo.
Antoniu vedendomi umiliata in quel modo si eccitava sempre parecchio e questo infastidiva la mia padrona che appena ne aveva l’occasione mi cacciava via.

La signora Elviria arrivò un Venerdì pomeriggio aveva 55 anni piuttosto grassottella, con uno sguardo arcigno e duro, si dimostro subito spietata e mi manifestò il suo disprezzo immediatamente.
La sera stessa mentre servivo la cena, con la divisa nera classica da cameriera, disse
–Tu serva e tu dovere vivere come serva, in Romania serve mangiano avanzi di padroni dopo che loro andati a dormire.
Ho guadato prima mio marito che non mi considerava neanche e poi la mia padrona che ebbe per me uno sguardo compassionevole ma non disse niente.
La mattina dopo la signora Elviria aveva stabilito che quotidianamente dovevano essere lavati oltre ai pavimenti rigorosamente in ginocchio, tutti i vetri della casa, il bucato andava fatto a mano due volte a settimana, stiratura tre volte a settimana, lucidature argenteria due volte a settimana, altre al lavaggio del auto di Rocsana una volta a settimana.
La signora Elviria doveva essere sempre salutata con un inchino ogni volta che la si incrociava, facendo attenzione a tenere gli occhi abbassati, servita velocissimamente, guai a ritardare un secondo, quando ordinava qualcosa.
Dopo un paio di giorni dal suo arrivo ormai regnava sovrana, per aver lucidato le sue scarpe a suo dire non bene come voleva lei mi aveva sputato in faccia, un umiliazione cosi non l’avevo mai provata, poi mi ha impedito di ripulirmi facendomi restare a lungo con la sua saliva che mi colava rossa dalla vergogna e l’umiliazione, una settimana dopo per aver stirato una sua gonna con una piega sbagliata mi ha schiaffeggiato fino alle lacrime.
Dopo due mesi le mie padrone avevano convinto Edoardo a chiedere il divorzio.






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