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mercoledì 28 dicembre 2011

AURORA cap 4 "grazie padrona"

Dopo cinque giorni che scontavo la punizione, ero ormai la barzelletta di tutto il quartiere, tenere il grembiule giallo di gomma, anche quando uscivo era terribilmente umiliante.
Tutti sghignazzavano al mio passaggio, invano avevo supplicato la mia padrona di condonarmi la punizione ma non c’era stato niente da fare, cosi ero quasi contenta la mattina quando dovevo svolgere lavori domestici pesanti: lavare i vetri delle finestre, lavare a fondo cucina e bagni, lavare i pavimenti in ginocchio. Per i pavimenti  la mia padrona aveva quasi una mania, dovevano essere splendenti, lucidati tutti i giorni senza nessuna eccezione, compreso domeniche e festivi e molto spesso mi li faceva rilavare perché non era mai soddisfatta, rigorosamente giù in ginocchio era un lavoro massacrante ma sempre meglio che uscire a fare le commissioni con il grembiule da sguattera.
Rocsana certi giorni non si faceva nemmeno sfiorare ne da me da mio marito, altri giorni invece la dovevo leccare da capo a piedi, le dovevo passare più volte la lingua sui capezzoli e poi gli e li succhiavo fino a che non le diventavano rossi.
Solitamente quando tornava dalla palestra non si faceva toccare, andava di corsa a farsi una doccia, quel giorno invece mi ordinò di seguirla in bagno, si fece spogliare, mi fece inginocchiare davanti a lei poi mi ordinò di leccagliela, io amo farlo cosi a comando di sorpresa, fin dai primi colpi capii che era appena stata con un uomo il quale le aveva eiaculato dentro, mi misi a leccargliela con ancora più gusto e passione mentre anche io mi bagnavo, sono bastate poche leccate perché venisse nella mia bocca, riempiendomi dei suoi umori misti ai residui di sperma del uomo che l’aveva posseduta prima, il mio corpo e la mia mente si incendiarono di passione, stavo per avere un orgasmo, ma lei si riprese e mi ordinò duramente
“Preparami il bagno”
Sicuramente il rapporto sessuale non lo aveva avuto con mio marito che quella mattina era via per lavoro.
Pensai tra me e me senza dire niente.

Mentre lei era nella vasca a rilassarsi cominciai a preparare il pranzo, ero indaffarata tra pentole e pentolini quando improvvisamente Rocsana arrivò in cucina avvolta in un asciugamano, parlava al cellulare.
“Allora arrivi ti aspetto, ciao” La sentii dire
“Schiava prepara per due.”
“Si padrona.” Penasi che Edoardo fosse tornato prima dal suo impegno e rientrava per il pranzo.
“Vieni qui.” Mi ordinò
Rocsana prese uno strofinaccio da cucina e me lo mise in testa tipo bandana.
“Cosi va meglio, devo comprarti dei fazzoletti da mettere in testa.” Disse con aria divertita
Ci mancava anche questa, pensai, è luglio fa un caldo boia, devo tenere il grembiule di gomma pesantissimo che mi faceva sudare come una fontana, adesso ci mancava anche il fazzoletto in testa come le contadine di una volta.

Verso l’una suonò il campanello, strano Edoardo di solito entrava con le sue chiavi. Pensai.
“Vai ad aprire stupida” Mi ordinò secca Rocsana.
Mi trovai davanti un uomo alto e robusto, sui quarant’anni, chiaramente di origini Nord Africane, molto affascinante, che mi fissò intensamente.
“C’è la signora Rocsana?” Chiese in modo gentile e in un buon italiano.
“Si entri pure.” Risposi
Lo feci entrare e un secondo dopo apparve Rocsana.
“Amid, sei arrivato finalmente.”
Le buttò le braccia al collo e si baciarono a lungo, quando si staccarono la mia padrona mi guardò con aria di sfida, io abbassai lo sguardo, in segno di sottomissione.
“Abbiamo fame, servici il pranzo, schiava”
Mi ordinò in secca.
Si sedettero a tavola, consumarono il pasto che io le servii come una perfetta cameriera, scherzando tra di loro e ignorandomi completamente, io provavo un forte senso di vergogna abbigliata come ero, il grembiulone giallo di gomma e lo strofinaccio in testa, mi umiliavano profondamente,  sembravo uno spaventapasseri, mentre lei Rocsana si era messa un favoloso vestito di Valentino, che la faceva sembrare ancora più bella di come era.
“Amid, questa mattina è stato bellissimo meglio del solito, ho una voglia pazzesca di farlo ancora.” Disse Rocsana con aria sognante.
Non aspettarono neanche il caffè, andarono subito in camera e chiusero la porta dietro di loro.
Mi chiamarono dopo circa tre quarti d’ora     
Amid mi si avvicinò mentre lei era rimasta distesa sul letto, mi spogliò con le sue forti mani, poi in modo un po’ brutale e selvaggio mi prese in mano le tette, con la bocca cominciò a mordermi il capezzolo, provocandomi dolore e piacere, mi fece sdraiare sul letto a fianco a Rocsana, poi i apri le cosce con forza, si mise le mie gambe sulle spalle e mi trafigge con un colpo secco,il suo pene e cominciò a muoversi freneticamente dentro di me, mi colse un ondata di beatitudine, persi la cognizione del tempo, non so quanto sia durato ero in entasi lui affondava i colpi sempre di più, finché esplose l’orgasmo inondandomi completamente.
Rocsana era rimasta li sdraiata al mio fianco, si era guardata la selvaggia scopata stranamente senza intervenire in nessun modo, improvvisamente mi prese la testa tra le mani e mi baciò con passione.
Quando si staccò guardandola languidamente riuscii solo a dire.
“Grazie padrona” 

2 commenti:

  1. Grazie, se vuoi mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi degli altri racconti, ovviamente non farti problemi a dire la tua anche se non ti piacciono.

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